Tar Campania: cade così anche il vincolo di indicare la figura del giovane professionista. Le novità alla luce del nuovo codice
Nell’appalto integrato qualora il concorrente decida di avvalersi per l‘attività di progettazione di una pluralità di progettisti indicati in sede di offerta, questi ultimi non hanno l’obbligo di costituirsi in raggruppamento temporaneo. Non essendoci tale obbligo, non vi è neanche l’altro obbligo di indicare la figura del giovane professionista, posto che tale ultima indicazione è correlata alla costituzione del raggruppamento, nel senso che sussiste solo nell’ipotesi in cui nell’ambito del raggruppamento deve essere dato spazio al giovane professionista.
Inoltre, l’indicazione del giovane professionista non può neanche discendere dalle norme speciali dettate in relazione agli interventi del Pnrr volte a favorire l’imprenditorialità giovanile, posto che tali norme si limitano a fissare dei principi generali che devono trovare attuazione in specifiche clausole inserite nel bando di gara. Con la conseguenza che se tali clausole mancano, non vi è spazio per configurare l’esistenza di un obbligo di indicazione del giovane professionista.
Sono queste le affermazioni contenute nella sentenza del Tar Campania, Sez. I, 30 ottobre 2023, n. 2442, che offre l’occasione anche per valutare le più rilevanti novità in tema di appalto integrato contenute nel Dlgs 36/2023.
Il fatto
Un ente appaltante aveva indetto una gara per l’affidamento della progettazione definitiva, esecutiva e della realizzazione dei lavori di un edificio scolastico. Trattandosi di un appalto integrato il bando prevedeva che i concorrenti che non fossero in possesso di attestazione Soa per progettazione e esecuzione potevano ricorrere a due diverse modalità organizzative: associare i progettisti in qualità di mandanti nell’ambito di un raggruppamento temporaneo ovvero limitarsi a indicare i progettisti in possesso di adeguata qualificazione.
Uno dei concorrenti, al fine di soddisfare i requisiti di qualificazione relativi alle prestazioni di progettazione, optava per la seconda soluzione, indicando due soggetti dei quali intendeva avvalersi. L’ente appaltante disponeva l’esclusione per due ordini di motivi. In primo luogo perché in sede di offerta non era stata prodotta la dichiarazione di impegno dei progettisti indicati di costituirsi in raggruppamento in caso di aggiudicazione. La seconda motivazione era legata al fatto che non era stato indicato il nominativo del giovane professionista. L’esclusione veniva impugnata dal concorrente davanti al giudice amministrativo, che ha accolto il ricorso.
Appalto integrato e raggruppamento tra progettisti
In primo luogo il giudice amministrativo ricorda che la lettera di invito prevedeva per i concorrenti non in possesso dell’attestazione Soa per progettazione ed esecuzione la possibilità di ricorrere, in alternativa, a una delle due soluzioni sopra indicate. Questa clausola è coerente sia con la giurisprudenza che si è formata in relazione alle previsioni contenute nel Dlgs 50/2006 che con le disposizioni contenute nel Dlgs 36/2023.
Quanto alla giurisprudenza, costituisce orientamento consolidato quello secondo cui, in assenza di una diversa indicazione contenuta nella documentazione di gara, è legittima l’indicazione da parte del concorrente di una pluralità di progettisti, senza la necessità che gli stessi siano costituiti o si debbano costituire in raggruppamento temporaneo. Ciò in quanto la norma di riferimento non impone in alcun modo il raggruppamento tra i singoli professionisti, rispetto ai quali è legittimo il cumulo dei requisiti di qualificazione anche qualora si presentino singolarmente.
Nello stesso si è espressa anche l’Anac, che ha sottolineato come nel caso di indicazione di una pluralità di progettisti non sussiste alcun obbligo che gli stessi si costituiscano in raggruppamento temporaneo né di stipulare un contratto di avvalimento a favore del concorrente.
Queste conclusioni fatte proprie dalla giurisprudenza hanno trovato conferma nella disciplina contenuta nel Dlgs 36. In termini generali l’articolo 66 di tale Decreto, nell’elencare i soggetti che possono partecipare alle gare per l’affidamento dei servizi di progettazione, indica sia i professionisti singoli o associati che i raggruppamenti temporanei (tra professionisti o tra questi e le società di ingegneria). Ne consegue che i progettisti possono presentarsi in forma singola o associata ovvero in raggruppamento temporaneo. E se questa possibilità è pacificamente ammessa nell’ipotesi di affidamento separato dei servizi di progettazione, non si vede perché la stessa opzione non possa trovare spazio anche nell’ipotesi in cui gli stessi servizi debbano essere resi nell’ambito di un appalto integrato.
L’indicazione del giovane professionista
Il Tar Campania ha ritenuto infondata anche la seconda motivazione posta a fondamento del provvedimento di esclusione, e cioè la mancata indicazione in sede di offerta del giovane professionista da coinvolgere nell’attività di progettazione. L’obbligo di indicazione del giovane professionista è sancito dall’articolo 39 dell’Allegato II. 12 del Dlgs 36, che disciplina il sistema di qualificazione degli esecutori dei lavori. Questa disposizione prevede che i raggruppamenti temporanei devono prevedere la presenza di almeno un giovane professionista, laureato abilitato da meno di cinque anni all’esercizio della professione secondo le norme dello Stato membro dell’Unione europea di residenza, in qualità di progettista.
Risulta quindi evidente dalla semplice lettura della norma che l’indicazione del giovane professionista è strettamente correlata all’esistenza di un raggruppamento di progettisti. Solo se c’è il raggruppamento scatta l’obbligo di indicare all’interno dello stesso il nominativo di un giovane professionista.
Né per sostenere la sussistenza di questo obbligo al di fuori dell’ipotesi esplicitamente indicata dalla disposizione richiamata è possibile fare riferimento alle specifiche norme introdotte in relazione agli interventi finanziati con i fondi del Pnrr e in particolare all’articolo 46 del Decreto legge 77/2021 (convertito nella legge 108/2021).
Tale ultima norma contiene disposizioni volte a favorire le pari opportunità di genere e generazionali nell’ambito delle procedure di gara relative a interventi finanziati con i fondi del Pnrr. Nello specifico, il comma 4 stabilisce che le stazioni appaltanti devono prevedere nei bandi di gara specifiche clausole dirette all’inserimento, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, di criteri orientati a promuovere l’imprenditorialità giovanile e l’assunzione di giovani (oltre che l’inclusione lavorativa delle persone disabili e la parità di genere).
È inoltre stabilito l’obbligo di assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto, una quota pari almeno al 30% delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali a favore dell’occupazione giovanile e femminile.
Il comma 8 prevede poi che le modalità e i criteri applicativi delle disposizioni sopra indicate siano definiti da specifiche Linee guida, che sono state approvate con il Dpcm 7 dicembre 2021. Per quanto di interesse, tale Dpcm puntualizza che le misure volte a favorire l’imprenditorialità e l’occupazione giovanile richiedono, per diventare effettive, che le stazioni appaltanti traducano i principi e le disposizioni contenute nella norma primaria in puntuali clausole da inserire nei bandi, peraltro tenendo conto della specificità dei settori, delle tipologie specifiche di contratto e del loro oggetto.
In sostanza, la previsione dell’articolo 47, comma 4, piuttosto che individuare direttamente requisiti necessari o premiali per incentivare l’imprenditoria giovanile, ne rinvia la definizione a apposite clausole che devono essere inserite nel bando dalla stazione appaltante. Ne consegue che laddove tali clausole non siano presenti – come nel caso di specie – non è invocabile al fine di favorire l’occupazione giovanile la norma di riferimento di cui all’articolo 47. Né risulta invocabile il principio dell’eterointegrazione della disciplina di gara, che opera solo nel caso di omesso inserimento di elementi definiti come obbligatori da una norma di legge.
La nuova disciplina del Dlgs 36
Come noto il Dlgs 36 ha modificato l’approccio in tema di appalto integrato. Nel Dlgs 50/2016 a questa tipologia di appalto l’ente appaltante poteva ricorrere solo nel caso di opere in cui l’elemento tecnologico o innovativo fosse nettamente prevalente rispetto all’importo complessivo dei lavori. Con il Dlgs 36 l’appalto integrato diventa uno strumento ordinario, sia pure da utilizzare con l’adozione di alcune cautele. Occorre infatti che l’ente appaltante motivi adeguatamente la scelta di ricorrere all’appalto integrato, con specifico riferimento a due profili: le esigenze tecniche e la necessità di tenere conto del «rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva rispetto a quanto contrattualmente previsto».
Questo secondo profilo è quello che necessita di maggiore attenzione. Non è di immediata evidenza cosa il legislatore abbia voluto intendere con questa formulazione, ma ciò che è certo è che la previsione si ricollega a quello che può essere considerato uno dei temi centrali – si potrebbe dire, il più rilevante – della disciplina dell’appalto integrato: la corretta allocazione degli extracosti che dovessero emergere in fase esecutiva rispetto a quanto stimato in sede di offerta dal concorrente. È infatti previsto che l’offerta dei concorrenti abbia ad oggetto sia il progetto esecutivo che il prezzo. Ciò implica che il concorrente – e quindi l’aggiudicatario – formuli un prezzo tenendo conto del progetto esecutivo, che per definizione contiene una descrizione dettagliata dei lavori da eseguire, che consente quindi un’attendibile stima dei costi.
Tenuto conto di questo contesto di riferimento, appare ragionevole ipotizzare che gli eventuali extra costi che dovessero emergere in fase esecutiva debbano essere valutati secondo un duplice criterio. Da un lato gli extra costi conseguenti a errori o carenze della progettazione esecutiva dovrebbero gravare sull’appaltatore, senza alcuna modifica del prezzo originario offerto in sede di gara e cristallizzato nel contratto. Dall’altro, gli extra costi dovuti a circostanze sopravvenute e imprevedibili che abbiano reso necessaria l’adozione di varianti dovrebbero gravare sull’ente appaltante.
Questa soluzione appare coerente con la ratio dell’appalto integrato, che vuole concentrare su un unico soggetto la responsabilità della progettazione e quella dell’esecuzione, evitando l’usuale contraddittorio che normalmente si crea tra progettista e appaltatore in caso di varianti in corso d’opera. Se questo presupposto è corretto, la formulazione normativa che obbliga l’ente appaltante a tener conto «rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva rispetto a quanto contrattualmente previsto», sembra potersi interpretare nel senso che in sede di gara e di conseguenti clausole contrattuali l’ente appaltante dovrà disciplinare la ripartizione del rischio per eventuali extra costi secondo il criterio sopra indicato.
Nessuna novità sostanziale è invece prevista per la qualificazione. Anche se la formulazione non è identica, la relativa disciplina si articola sempre su tre possibilità: i concorrenti devono possedere di per se i requisiti richiesti per i progettisti (attraverso l’attestazione di progettazione ed esecuzione), oppure possono avvalersi di progettisti in possesso dei requisiti richiesti o costituendo con gli stessi un raggruppamento o semplicemente indicandoli in sede di gara. In quest’ultimo caso, valgono tutte le considerazioni riportate nella sentenza del Tar Campania.
FONTI Roberto Mangani “Enti Locali & Edilizia”