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Superbonus, alle imprese di costruzioni soltanto un quinto delle risorse

 

Casa. Il Cresme misura l’impatto del 110%: risorse a produttori di materiali, banche e professionisti. Il 34% torna allo Stato sotto forma di prelievo fiscale

 

Servizi di intermediazione finanziaria, produttori di materiali, professionisti, piattaforme per la gestione delle procedure e imprese di costruzioni.

La gigantesca massa di investimenti attivati dal superbonus non ha coinvolto solo i costruttori, ma ha messo in movimento una complessa filiera che, in forme diverse ma tutte molto rilevanti, ha beneficato della maxi agevolazione. Senza dimenticare quanto recuperato attraverso il prelievo fiscale: circa un terzo delle risorse, pari a 33 miliardi di euro, è tornato (o tornerà) nelle casse dello Stato sotto forma di Iva, Irpef, Ires e contributi.

A fare luce sull’effetto diffuso che ha avuto lo sconto fiscale varato a metà del 2020, sono i numeri contenuti in un’elaborazione del Cresme, che anticipa i risultati del prossimo Rapporto congiunturale e previsionale del Centro di ricerche.

La presidente Ance (l’associazione nazionale dei costruttori), Federica Brancaccio li commenta così, sottolineando l’impatto diffuso dell’agevolazione su diverse aree della nostra economia: «Ci fa piacere che il Cresme, l’ente di ricerca incaricato dalla Camera di scattare la fotografia sulla situazione dell’efficientamento del patrimonio edilizio del Paese, abbia certificato l’impatto del superbonus su tutti i settori economici, non solo sull’edilizia. Cosa che noi sostenevamo da tempo e su cui non siamo stati ascoltati».

L’analisi, presentata ieri dal direttore del Cresme Lorenzo Belliccini, parte dal fatto che il superbonus, in base ai numeri elaborati dall’Enea nel suo report mensile, ha movimentato dal 31 agosto del 2021 al 30 settembre del 2023 circa 97 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione. Queste risorse non sono andate, ovviamente, tutte a un’unica categoria, ma sono state distribuite lungo la filiera dei soggetti coinvolti in qualche modo nei lavori di efficientamento energetico. Una filiera che, data la complessità delle opere e delle procedura, si è rivelata nel corso dei mesi estremamente variegata.

Una voce importante, dalla quale parte il Cresme, riguarda il prelievo fiscale: quindi, Iva versata, Ires e Irpef dei lavoratori, contributi previdenziali e assicurativi. In base alle stime, che peraltro sono molto simili a quelle elaborate dal Consiglio nazionale dei commercialisti in uno studio di qualche mese fa, lo Stato ha ripreso (o riprenderà) circa il 34% degli investimenti agevolati, più o meno 33 miliardi di euro.

Un’altra voce importante, secondo i numeri del Cresme, riguarda l’intermediazione finanziaria. Si tratta di una voce legata alla cessione dei crediti e agli sconti in fattura, essenziali per muovere e far funzionare la macchina del superbonus: i costi dei servizi che hanno reso possibile liquidare i bonus viaggiano intorno al 13%, secondo una stima prudenziale. Si tratta di altri 12,6 miliardi. Una cifra simile (quindi, un altro 13%) è andata al mondo della progettazione e a tutti quei professionisti che hanno gestito le piattaforme essenziali per gestire le procedure, particolarmente complesse, legate al superbonus.

Restano, a questo punto, le risorse rimaste nelle attività di cantiere, pari a circa 38,8 miliardi di euro, il 40% del totale degli investimenti mobilitati dal superbonus. In base alle analisi del Cresme, una parte importante di queste risorse è andata alle industrie produttrici di materiali e alla relativa distribuzione: si tratta di 17,7 miliardi, pari al 18,2% dei 97 miliardi di investimenti. Ai lavoratori e alle imprese di costruzioni sono, allora, andati 21,1 miliardi di euro, il 21,8% del totale. «I dati – conclude Bellicini – parlano da soli e non hanno bisogno di commento, se non che il settore delle costruzioni appare in tutta la sua connessione con il sistema economico».

 

 

 

FONTI        Giuseppe Latour     “Enti Locali & Edilizia”

Categorized: News